Brevi cenni di Geometria

euclide"Qual è il geometra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond'elli indige..."
(Par. XXXIII, 133-135)

La parola "geometria" in greco significa "misura della terra". Gli antichi Greci le diedero questo nome perché ad idearla erano stati gli antichi Egizi: ogni volta che il Nilo inondava i campi, si rendeva necessario misurare di nuovo gli appezzamenti di terra onde ripristinare i confini di proprietà. Non a caso uno dei testi più antichi che trattano di questa scienza è il cosiddetto Papiro di Rhind, compilato verso il 1650 a.C. dallo scriba Ahmes al tempo dell'occupazione Hyksos dell'Egitto, ma ritenuto la copia di un originale più antico risalente circa al 2000 a.C.

Ma oggi sappiamo che, contemporaneamente agli Egizi, anche i popoli mesopotamici avevano avanzate conoscenze di geometria, legate soprattutto a problemi di astronomia e di architettura. Comunque tanto gli Assiro-Babilonesi quanto gli Egiziani studiavano la geometria per fini essenzialmente pratici. Furono proprio i Greci a trasformare la geometria in una scienza astratta, che studia figure ideali come quadrati e cerchi perfetti, e non appezzamenti di terra di forma quadrata o circolare. I primi grandi nomi di questa a partire da Talete di Mileto (624-547 a.C.), uno dei sette savi dell'antica Grecia, definito da Apuleio « il primo scopritore della geometria », e Pitagora di Samo (575-495 a.C.), fondatore dell'omonima scuola a Crotone, cui si attribuisce la prima dimostrazione di quello che oggi infatti è noto come Teorema di Pitagora, empiricamente già noto in Egitto e in Mesopotamia. Platone (428-348 a.C.) pose la geometria come fondamento degli studi filosofici, tanto da far scrivere sulla porta della sua scuola: « Nessuno ignaro della geometria entri qui ».

Il vero "inventore" della geometria come oggi la conosciamo è però Euclide di Alessandria (367-283 a.C.), il quale nei suoi "Elementi", testo fondamentale per lo studio della geometria durante tutta l'età classica ed il Medioevo, e quindi anche per Dante, mostrò come tutti i teoremi e le proprietà delle figure piane e solide potessero essere ricavate induttivamente da pochi postulati stabiliti a priori. Da allora, tutte le scienze tentarono di basarsi su di una struttura logica analoga: pochi assiomi e una serie di definizioni, dalle quali derivare per pura logica tutte le verità scientificamente dimostrabili, e decretare assurde tutte le altre. L'Alighieri riconosce la sua posizione di rilievo nella cultura medioevale incontrandolo nel Limbo insieme agli « spiriti magni » e associandolo a un altro grande scienziato dell'antichità, Tolomeo, del quale riparleremo a proposito dell'astronomia dantesca:

  « Euclide geomètra e Tolomeo » (Inf. IV, 142)

 Ma il più grande esperto di matematica e di geometria del mondo antico fu certamente Archimede di Siracusa (287-212 a.C.) che, oltre ad essere un grande fisico ed ingegnere, affrontò per primo problemi considerati ai suoi tempi insolubili come il calcolo delle aree e dei volumi della sfera e di parte della sfera, e gettò addirittura le basi del calcolo infinitesimale. Le sue geniali idee non furono però pienamente comprese dai suoi contemporanei. Bisogna inoltre ricordare Ippocrate di Chio (470-410 a.C.) e Archita di Taranto (428-347 a.C.), che risolsero il famoso problema della duplicazione del cubo, e Apollonio di Perga (262-190 a.C.), che ideò le sezioni coniche (ellisse, iperbole, parabola). Gli ultimi grandi geometri greci dell'antichità furono Pappo di Alessandria (IV sec. d.C.), anticipatore della geometria proiettiva ed autore delle "Collezioni matematiche", una preziosa documentazione storica concernente alcuni aspetti della matematica greca che altrimenti ci sarebbero rimasti sconosciuti; e Ipazia (370-415), una delle ultime figure del paganesimo classico, rimasta vittima degli scontri politici e religiosi che accompagnarono l'agonia dell'Impero Romano.

Tra i Romani si occuparono di geometria Vitruvio (I sec. a.C), Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) e Severino Boezio (475-525), che non compirono grandi passi in avanti, ma ad ogni modo la geometria, come parte integrante della Matematica, entrò a far parte delle Arti del Quadrivio, studiate da tutti i dotti del Medioevo. La geometria fiorì invece in India, grazie all'opera di grandi intelletti come Brahmagupta (598–668) ed Aryabhata (476-550), quest'ultimo detto "l'Euclide indiano". Con le scoperte indiane vennero a contatto gli Arabi, i quali riscopersero e tradussero le opere di Euclide e degli altri matematici greci. Tra i molti grandi esperti di geometria dell'Oriente musulmano ricordiamo l'iracheno Muhammad ibn Jabir al-Battani (858–929), ideatore della trigonometria; l'iracheno Abu Hasan Thabit ibn Qurra' ibn Marwan al-Sabi' al-Harrani (826-901) che anticipò le geometrie non euclidee; il persiano Sharaf al-Din al-Muzaffar al-Tusi (1135-1213), che pose le basi dello studio delle curve tramite equazioni, fondando la geometria algebrica; ed il persiano Ghiyath al-Din Jamshid Mas'ud al-Kashi (1380-1429) che, come vedremo, si occupò del calcolo delle cifre esatte di p.

Siccome in Spagna cristiani e musulmani si confrontarono a lungo, combattendosi ma spesso anche rispettando le reciproche culture, le conoscenze dei greci vennero riscoperte dall'occidente cristiano, dove Euclide era rimasto un pilastro fondante della cultura scientifica. Al ritorno di fiamma degli studi di geometria contribuì non poco anche la scoperta della prospettiva, che in base a quanto ci è rimasto sfuggì probabilmente ai Greci e ai Romani, e non interessò affatto né ai Bizantini né all'Occidente nell'alto Medioevo, quando il fine delle arti figurative era evocare il trascendente, tralasciando volutamente un oggettivo realismo nelle rappresentazioni. Il primo a cercare una rappresentazione plastica e realistica della realtà fu Giotto di Bondone (1267-1337), contemporaneo di Dante, da questi citato nel Purgatorio:

«Credette Cimabue ne la pittura
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,
sì che la fama di colui è scura » (Purg. XI, 94-96)

Era perciò inevitabile che si sviluppasse la ricerca geometrica di procedimenti pittorici destinati ad ottenere una maggiore corrispondenza alla percezione visiva dell'occhio umano. Uno dei primi dipinti che mostrano un uso consapevole delle regole geometriche della prospettiva è l'"Annunciazione" di Ambrogio Lorenzetti (1298-1348), una tempera su tavola dipinta nel 1344, quindi poco dopo la scomparsa dell'Alighieri. Un importante salto di qualità lo si ebbe grazie all'opera del grande architetto fiorentino Filippo Brunelleschi (1377-1446), il quale, attraverso esperienze condotte con l'aiuto di strumenti ottici, elaborò per primo un procedimento corretto per rappresentare gli edifici in prospettiva, poi descritto dall'umanista Leon Battista Alberti (1404-1472) nella prima trattazione scritta di questo argomento, il "De Pictura" (1434-1436). Tra i grandi pittori di quest'epoca che applicarono nelle loro opere le teorie di Brunelleschi e dell'Alberti si annoverano Masaccio (1401-1428), Melozzo da Forlì (1438-1494) e Piero della Francesca (1416-1492), quest'ultimo anche autore del trattato in volgare "De perspectiva pingendi"., oltre ovviamente a Leonardo da Vinci (1452-1519).

Nel Rinascimento italiano, che pure fu ricchissimo di grandi esperti di Matematica, vanno ricordati il messinese Francesco Maurolico (1494-1575), a cui dobbiamo l'anticipazione della geometria differenziale, e il milanese Bonaventura Cavalieri (1598-1647), amico di Galileo, ideatore del "metodo degli indivisibili" per determinare aree e volumi, una tappa fondamentale verso l'elaborazione del calcolo infinitesimale. I francesi Renato Cartesio (1596-1650) e Pierre de Fermat (1601-1665) fondarono la geometria analitica; in particolare Fermat, un mero dilettante divenuto uno dei più grandi matematici di ogni tempo, introdusse l'"isomorfismo" fra struttura algebrica e geometria, cioè la traduzione esatta del linguaggio della geometria in quello dell'algebra e viceversa. Lo scozzese James Gregory (1638-1675) proseguì gli studi di Cavalieri e Fermat nel suo trattato "Geometriae pars universalis" (1667), sistematizzando il concetto di integrale. Il Settecento fu il secolo di Leonardo Eulero (1707-1783), che portò fondamentali contributi a molti rami della matematica, compresa la geometria. Nel secondo volume della sua "Introductio in analysin infinitorum" (1748) egli estese la geometria analitica di Cartesio e Fermat allo spazio tridimensionale; introdusse le coordinate polari; scoprì che il raggio R della circonferenza circoscritta a un triangolo di lati a, b, c ed area S è pari a R = abc/4S; ideò la Relazione di Eulero (il numero dei vertici di un poliedro più il numero delle sue facce è pari al numero degli spigoli aumentato di 2); e, risolvendo nel 1736 il celebre problema dei sette ponti di Königsberg, avviò lo studio della Geometria di Posizione, oggi nota come topologia.

Il bergamasco Lorenzo Mascheroni (1750-1800) con la sua "Geometria del compasso" (1797), nella quale dimostrò che tutte le costruzioni geometriche effettuabili con riga e compasso possono venire fatte usando solamente il secondo strumento. Adrien Marie Legendre (1752-1833) apportò un valido contributo a questa scienza con i suoi "Elements de geometrie" (1794), mentre Lazare Carnot (1753-1823) proseguì lo studio della topologia e Gaspard Monge (1746-1818) con i "Feuilles d'analyse" (1795) fondò la geometria differenziale. Carl Friedrich Gauss (1777-1855), detto "il Principe dei Matematici", fu l'ultimo matematico universale, capace cioè di occuparsi di ogni branca di questa disciplina; nel campo della geometria dimostrò tra l'altro il teorema secondo cui una circonferenza si può dividere con riga e compasso in un numero n di parti uguali, soltanto se n, scomposto in fattori primi, ha i fattori diversi da 2 tutti alla prima potenza e tali che diminuiti di 1 diano luogo ad una potenza di 2. In base a questo teorema non è possibile dividere con riga e compasso una circonferenza in 7, 11 e 13 parti uguali, perché tali numeri primi diminuiti di 1 non danno una potenza di 2, né in 9 parti uguali, perché 9 = 32 e il fattore 3 non si presenta alla prima potenza; al contrario, mediante riga e compasso è possibile dividere la circonferenza in 17 parti uguali, poiché 17 - 1 = 24 (la suddivisione della circonferenza in 17 parti uguali era sfuggita completamente agli antichi, ed è frutto delle ricerche di Gauss).

A partire dal 1829 con Nikolai Ivanovic Lobacevskij (1772-1865) sviluppò la prima geometria non euclidea, detta geometria iperbolica, e nel 1854 Bernhard Riemann (1826-1866) ne costruì un'altra, stavolta detta geometria ellittica; di queste riparleremo più avanti. Lo stesso Riemann, quando nel 1854 diventò Privatdozent all'Università di Göttingen, uno dei centri propulsivi della moderna ricerca matematica, pronunciò la più famosa dissertazione di abilitazione della storia della matematica, intitolata "Über die Hypothesen welche der Geometrie zugrunde liegen" ("Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria"), che rifonda completamente le basi di questa scienza, trasformandola nello studio di varietà di un numero qualsiasi di dimensioni in qualsiasi genere di spazio. Da allora non si parla più di geometria, ma di "geometrie" di Riemann. Felix Klein (1849-1925) dal canto suo dimostrò la coerenza logica delle geometrie non euclidee, provando che rappresentano casi particolari di una geometria più generale, quella proiettiva. Egli inoltre avviò il cosiddetto Programma di Erlangen (1872), nel quale mostrò come le proprietà essenziali di una data geometria possono essere rappresentate dal gruppo delle trasformazioni che conservano tali proprietà. Nel 1899 David Hilbert (1862-1943) pubblicò il saggio "Grundlagen der Geometrie" ("Fondamenti della geometria"), nel quale dava alla geometria un assetto puramente formale e assiomatico, basato su ventuno assiomi e svincolato da ogni rappresentazione "grafica". Nel solco di Hilbert si mosse il piemontese Giuseppe Peano (1858-1932), matematico eccentrico e geniale, che fornì il primo esempio di una curva tale da riempire completamente un'area, mettendo così in evidenza come la definizione di curva allora vigente non fosse conforme a quanto intuitivamente si intende con questo termine: oggi sappiamo che la "Curva di Peano" rappresenta uno dei primi esempi storicamente noti di frattale. Nel 1904 Henri Poincaré (1854-1912) fondò quella che poi sarebbe stata chiamata geometria algebrica, concentrandosi in particolare sulle proprietà topologiche della cosiddetta tre-sfera (ne riparleremo più avanti in questo ipertesto), e formulò la cosiddetta Congettura di Poincaré, la cui dimostrazione appassionò i matematici per cent'anni, e venne portata a termine solo nel 2003 dal russo Grigorij Jakovlevic Perel'man (1966-). A portare avanti questo filone della Matematica, che si occupa di oggetti geometrici definiti come zeri di un certo numero di polinomi, fu la grande scuola italiana di geometria algebrica, i cui maggiori cultori furono Corrado Segre (1863-1924), Guido Castelnuovo (1865-1952), Federigo Enriques (1871-1946), Francesco Severi (1879-1961) e Oscar Chisini (1889-1967), quest'ultimo fondatore dell'Istituto di Matematica presso l'Università degli studi di Milano.

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